TONIFICAZIONE

PUMP: DI CHE COSA SI TRATTA

L'idea fu del neozelandese Philip Mills che, nei primi anni novanta, pensò di utilizzare un bilanciere in sala fitness lavorando a tempo di musica. Egli brevettò, sempre negli stessi anni, l'attività da lui inventata con il nome di Body pump e la diffuse nel mondo vendendo tale programma in franchising con annesse le coreografie preconfezionate e la possibilità di utilizzarle. 

Questo metodo è stato dunque sviluppato in Nuova Zelanda da un gruppo di studio che realizza le combinazioni, sceglie le musiche ed invia le cassette a coloro che hanno aderito al franchising. Tale business non trova però un buon mercato in Italia dove i gestori delle palestre stentano ad aggregarsi a quella che, in breve tempo, diventa "Les Mills International" riscuotendo grande successo in tutto il mondo. 

L'esigenza di questa attività è comunque fortemente sentita anche nella nostra penisola e, appoggiandosi ai maestri che cominciano a svolgere questo gruppo anche in Italia, sono nati i vari programmi di "Top pump", "Body pump", "Cardio pump" "Power pump" etc... tutti ispirati all'attività proposta dal Mills.

Il termine pump letteralmente significa pompa ma questo non ci aiuta per nulla a capire di cosa si tratta; in realtà per arrivare a un significato più esaustivo del termine, dobbiamo fare riferimento a una sperimentazione che ha portato a formulare un'interessante teoria (Jones, in Poliquin 1998). In particolare si notò che due individui con carico massimale misurato identico, potessero esprimere accentuate differenze, quando si trattava di forzare una serie ad esaurimento con lo stesso carico sub massimale. 

Successive prove di analisi evidenziarono che tali differenze erano determinate dal tipo di fibre muscolari degli atleti. In particolare i soggetti che riuscivano a fare più ripetizioni presentavano una muscolatura più ricca di fibre muscolari di tipo 1 o lente che evidenziano una notevole resistenza alla fatica e basso tono (Bisciotti 2000). Viceversa gli altri individui erano caratterizzati da fibre di tipo 2 o veloci: grande esplosività, poca resistenza, buon tono.

Causa queste differenze, i primi individui vennero denominati con il termine di pumper, i secondi con quello di pusher. Da qui si evince il significato del termine pump che si riferisce infatti a un allenamento che va ad incidere e lavorare principalmente sulle fasce muscolari di tipo lento o resistente, con pompaggio dei muscoli. Essi si riempiono di sangue (effetto pompa), causa sforzo prolungato, con conseguente esaurimento delle riserve di glicogeno muscolare, nutrienti ed ossigeno. 

Questo allenamento porta dunque a un'ipertrofia muscolare non tanto dovuta a un aumento della massa muscolare in sè ma ad un aumento dei liquidi intracellulari e alla duplicazione dei mitocondri.

Si può estrapolare inoltre che nel pump avranno più successo allievi pumper perché più adatti a sforzi prolungati con carichi sub massimali anche se, con l'allenamento sulla resistenza, le fibre muscolari di tipo veloce possono trasformarsi in lente e dunque, atleti pusher, avranno margini di miglioramento più ampi pur partendo da una posizione svantaggiata (Cometti 1988).

Per quanto riguarda il pump, come per altre attività legate al fitness, non si può ritenere che un unico metabolismo energetico corporeo si prenda carico di tutta la fornitura di energia. In questo gruppo la cosa è ancora più evidente in quanto non esiste un vero e proprio protocollo di lavoro, le 

metodologie sono molteplici, in gran parte estrapolate dalla sala pesi, riadattate all'attività sopra indicata e di durata alquanto variabile. Appoggiandoci però alle teorie di "Bompa", nella "periodizzazione dell'allenamento" e facendo riferimento a un lavoro, per così dire, "classico", che si svolge con un carico compreso tra il 15% (per quanto riguarda i principianti) e il 25-30% (per allievi ed atleti più evoluti) su ogni gruppo muscolare, per una durata compresa tra i 4 e i 10 minuti, con pausa di recupero obbligata e prevista per cambiare i carichi di circa 1/1,30 minuti, possiamo circoscrivere meglio il training in questione.

In particolare una pratica così descritta è da considerare allenante per quanto riguarda la resistenza muscolare alla forza, di media e lunga durata, migliora infatti gli allievi sia dal punto di vista della resistenza anaerobica che aerobica

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