salute
SCOLIOSI E SPORT
LA PRATICA SPORTIVA È UN TASSELLO FONDAMENTALE PER LA CURA DELLA SCOLIOSI
Il termine scoliosi deriva dal greco skolios e significa storto. Indica una patologia muscoloscheletrica dell’accrescimento che interessa il rachide e colpisce prevalentemente il genere femminile in circa 7 casi su 10.
Fatta eccezione per casi particolari come le forme congenite, quelle postraumatiche, quelle successive ad importante malnutrizione o all’insorgenza di patologie neurodegenerative che meriterebbero un discorso a parte, la scoliosi idiopatica si manifesta e si aggrava tipicamente durante la pubertà, quando lo sviluppo osseo è di norma anticipato e preponderante rispetto a quello muscolare, per poi stabilizzarsi al termine della crescita.
Da ciò si evince che un attento e continuo monitoraggio negli anni dello sviluppo risulta fondamentale sia per diagnosticare la patologia precocemente sia per trattarla e seguirla nel tempo al fine di rallentarne l’evoluzione naturale ed adottare le misure correttive possibili ovvero una ginnastica riabilitativa personalizzata e l’utilizzo del corsetto se indicato. Relativamente all’attività sportiva invece la scoliosi non controindica la pratica di alcuna disciplina.
Al contrario negli anni dello sviluppo lo sport porta innegabili benefici tra cui un miglior sviluppo di qualità muscolo-articolari come forza, resistenza e articolarità, l’incremento della performance cardiopolmonare, l’ottimizzazione della postura e della coordinazione neuromotoria, oltre a benefici psicologico-relazionali come l’accettazione del sé, lo sviluppo dell’autostima, il saper vincere ma anche il saper perdere.
Tuttavia, c’è un aspetto quantitativo da considerare. E’ sempre bene consultare uno specialista fisiatra o ortopedico esperto di patologie dell’accrescimento nei casi più gravi, ovvero quando la scoliosi supera i 30°, ma anche quando l’impegno fisico eccede le due volte alla settimana per valutare se il carico di lavoro proposto non sia eccessivo e possa inficiare i benefici attesi.
Questo accorgimento è però valido anche per il soggetto in fase di crescita in assenza di scoliosi che potrebbe risentire degli effetti negativi conseguenti ad un carico di lavoro esagerato. Inoltre, altrettanto pericolosa sulla possibile evoluzione della patologia può essere la sedentarietà spinta che priverebbe l’organismo di tutti i benefici precedentemente elencati.
Sembra quindi che l’antico detto latino in medio stat virtus, ovvero la virtù sta nel mezzo, si addica anche alla pratica sportiva del soggetto con scoliosi.
Altro aspetto che poi deve essere ben chiaro, sia al diretto interessato sia alla sua famiglia, è quello che lo sport non rappresenta la terapia della scoliosi ma costituisce un importante stimolo ad un corretto sviluppo che è bene non far mancare a qualsiasi soggetto in fase di crescita a prescindere dalla presenza o meno di scoliosi.
Solo infatti un programma riabilitativo, inclusivo sia di esercizi di stabilizzazione del tronco sia di interventi di tipo cognitivo-comportamentale, oltre che personalizzato ed effettuato con costanza quotidiana, sarà in grado di fornire al rachide le giuste sollecitazioni correttive in aggiunta all’eventuale corsetto.
L’utilizzo di quest’ultimo ausilio durante l’attività sportiva dovrà invece essere concordata col medico sulla base delle ore di libertà preventivate che la pratica di una disciplina sportiva non dovrebbe modificare. Deve essere invece necessariamente rimosso per ovvi motivi pratici in sport come il nuoto o l’atletica durante i salti mentre risulta di norma ben gestito in tutti gli altri casi in quanto un bustino correttivo deve essere innanzitutto comodo e quindi deve poter garantire scioltezza di movimento a livello sia del bacino sia dei quattro arti.
I rari casi di abbandono dello sport imputabili al corsetto sembrerebbero essere infatti per lo più dovuti a motivazioni psicologiche tra cui primeggiano la scarsa accettazione estetica dell’ausilio e il timore del giudizio altrui.
Dovendo essere praticata per anni, l’attività sportiva deve infine considerare soprattutto il gradimento dell’interessato anche in quanto non ci sono studi che indicano vantaggi aggiuntivi per alcune discipline rispetto ad altre.
Crolla quindi il vecchio mito del nuoto che si è dimostrato essere legato solamente ad infondati pregiudizi. Inoltre, questa disciplina presenta alcuni innegabili svantaggi come quello di non essere effettuata in carico, attività di per sé già allenante la muscolatura del rachide, o quello di poter indurre un collasso posturale, se praticato intensamente, in quanto allenerebbe principalmente la muscolatura prossimale dei quattro arti e non quella del tronco.
Resta invece consigliata la preferenza per il dorso rispetto ad altri stili come il delfino o la rana. Quest’ultima infatti potrebbe accentuare durante la fase di respirazione la lordosi lombare, aspetto che è invece da correggere in molti soggetti scoliotici. è possibile poi valutare anche la pratica di alcuni sport considerati asimmetrici come il tennis a patto di inserire degli esercizi di compensazione in fase di preparazione atletica e di rispettare l’impegno quotidiano con la propria ginnastica medica.
Si noti inoltre che la pallavolo, un tempo considerata a torto asimmetrica, presenta la maggior parte della gestualità simmetrica (bagher, muro, alzata, etc ) e limita il gesto unilaterale a poche azioni come la battuta e la schiacciata e pertanto non presenta particolari controindicazioni in quanto è fisiologico che un destrimane utilizzi maggiormente l’arto superiore destro nella maggior parte delle attività quotidiane e viceversa il mancino.
Infine, generalmente non presenta particolari controindicazioni neppure l’equitazione che anzi allena la muscolatura paravertebrale oltre ad equilibrio e postura.
Può essere tuttavia vietata in caso di patologie associate come grave osteoporosi o instabilità della cerniera cranio-cervicale. Diverso è invece il caso di danzatrici e ginnaste che sembrano avere un’incidenza maggiore di scoliosi verosimilmente associata all’iperlassità legamentosa spesso dovuta sia alla predisposizione genetica necessaria per eccellere in queste discipline sia agli stimoli indotti da queste particolari attività sportive.
Qui il giudizio di idoneità potrebbe essere oggettivamente più complesso.