ATTIVITA' FISICA E PREVENZIONE
ESERCIZIO FISICO E SISTEMA IMMUNITARIO
Il sistema immunitario è un importante meccanismo di difesa dell'organismo, capace di riconoscere e distruggere i fattori patogeni, e contribuire pertanto a mantenere l'omeostasi interna.
Negli ultimi anni sono state condotte alcune ricerche sull'attività fisica e la risposta immunitaria nell'atleta, scoprendo che non sempre questo binomio è sinonimo di perfetta efficienza immunitaria. Tuttavia, ciò non significa che i benefici derivanti dallo svolgimento di una regolare attività fisica siano da ridimensionare.
Lo scopo di questo capitolo sarà quello di descrivere le relazioni tra il sistema immunitario e l'esercizio fisico, evidenziando tutte quelle circostanze in cui sembra favorita la comparsa di infezioni negli atleti.
Da cosa è composto il sistema immunitario?
Il sistema immunitario è composto da organi centrali e periferici; dei centrali fanno parte il timo e il midollo osseo, mentre quelli periferici sono rappresentati da linfonodi, milza, cellule linfoidi del sangue e della linfa (3, 7).
Organizzazione del sistema immunitario
Il sistema immunitario è organizzato in due strutture funzionali:
alla prima compete il riconoscimento aspecifico, seguito dalla successiva fagocitosi e distruzione ad opera dei polimorfonucleati, macrofagi e dei linfociti "natural killer" (NK), in grado di rilevare anomalie nelle membrane e partecipano alla distruzione di cellule tumorali o infettate da virus;
la seconda è rappresentata dal riconoscimento specifico dell'antigene ed è attuato dai linfociti T e B;
i linfociti della serie T, in seguito al contatto con l'antigene, si replicano e si differenziano in cellule T effettrici o regolatrici (T helper e T suppressor), distinte per il possesso di recettori specifici CD4 e CD8 e responsabili dell'immunità cellulare;
i linfociti della serie B si differenziano invece in plasmacellule produttrici di anticorpi e responsabili dell'immunità umorale (1).
L'attivazione dei due sistemi è innescata dall'accoppiamento antigene-cellula, da quello intercellulare e dall'intervento di alcuni polipeptidi noti come citochine, linfochine, monochine, interleuchine. Queste sostanze hanno la capacità di intervenire sui recettori delle cellule bersaglio.
L'attivazione del complesso T e B prevede la captazione ed elaborazione dell'antigene, in sintonia con molecole di istocompatibilità (HLA-DR), da parte dei macrofagi e di altre cellule. Questi elementi elaborano e liberano l'interleuchina 1 (IL-1) che, a sua volta, induce le cellule "T helper" (CD4+) a produrre interleuchina 2 (IL-2). Questa seconda citochina promuove e regola la replicazione delle cellule effettrici antigene-specifiche ed helper.
Altri elementi che possono determinare l'accrescimento, la differenziazione e l'attività specifica dei linfociti T e B nei vari stadi del loro sviluppo, sono l'interferone e le interleuchine-4,-5 e 6 e il cosiddetto Tumor Necrosis Factor (TNF).
Altri fattori – fra i quali quello che attiva i macrofagi e IL-1 – richiamano e attivano gli elementi della difesa aspecifica. La produzione di IL-1, TNF e di IL-6 è simultanea, in seguito alla stimolazione da parte di una varietà di agenti infettivi e non infettivi. Si tenga altresì presente che bersagli di queste citochine sono non soltanto le cellule appartenenti al sistema immune, ma anche altre appartenenti ad organi e sistemi diversi.
Così, IL-1 è in grado di aderire a cellule endoteliali e fibroblasti, promuove il riassorbimento dell'osso e la distruzione della cartilagine, stimola la replicazione di cellule epiteliali, sinoviali ed endoteliali e dei fibroblasti; ha invece effetto catabolico sulle cellule muscolari e provoca la morte di alcune linee cellulari, induce la produzione di prostaglandine e la sintesi di enzimi nell'uomo, e
promuove in parte la risposta di fase acuta da parte degli epatociti, l'increzione di ACTH e la febbre; al pari di TNF induce la produzione di IL-6, TNF – il cui nome esprime la capacità di distruggere alcuni tumori obliterandone i vasi o attaccandone direttamente le cellule – agisce in pratica sulle stesse cellule bersaglio di IL-1, sulle quali esercita lo stesso effetto o agisce sinergicamente. In più, esso è un potente induttore di IL-1 nei macrofagi e nelle cellule endoteliali.
Fra tutte le citochine, TNF è quella dotata di più spiccato potere pro-infiammatorio, mentre la parte svolta nell'ambito della risposta immune specifica è assai più modesta.
IL-6, infine, esercita un'attività di IL-1 e TNF. I suoi effetti sono particolarmente marcati sul fegato e sul SNC e assai minori sul sistema preposto all'immunità specifica. Si può affermare che le principali attività di IL-6 sono più di tipo conservativo che pro-infiammatorio (1,8, 10).
L'attivazione delle cellule B ne induce la trasformazione in plasmacellule che, a loro volta, sono stimolate a produrre immunoglobuline. Queste possono essere dosate nel siero e altri liquidi organici (ad esempio la saliva) e sono suddivise in 5 classi:
Immunoglobuline G (IgG): sono le più numerose e capaci di neutralizzare molti virus, batteri e tossine;
Immunoglobuline E (IgE), rilasciano sostanze capaci di accelerare la flogosi locale;
Immunoglobuline D (IgD), presenti sulla superficie dei linfociti B capaci di legare le molecole antigeniche;
Immunoglobuline M (IgM), le prime ad essere secrete all'arrivo dell'antigene responsabili dell'agglutinazione;
Immunoglobuline A (IgA) presenti nelle secrezioni ghiandolari, aderiscono alle mucose e attaccano i patogeni prima che entrino nei tessuti.
Quando le molecole immunoglobuliniche acquisiscono la capacità di reazione specifica, vengono indicate come anticorpi. Questi proteggono l'ospite agglutinando i microrganismi, favorendo la fagocitosi, attivando il complemento, producendo opsonine e neutralizzando le tossine batteriche