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TORSIONI CON BASTONE:SI O NO?

L’esercizio più utilizzato per snellire i fianchi è in realtà inefficace e pericoloso

Il mondo delle palestre purtroppo è spesso vittima di usanze ed abitudini che sono dure da rimuovere. Malgrado la scienza del fitness abbia fatto passi da gigante, alcuni luoghi comuni permangono immutati e non c’è verso di rimuoverli.

Vale per l’idea che i dolori muscolari che si avvertono il giorno dopo l’allenamento siano causati dall’acido lattico (ed è falso), vale per l’idea di poter allenare in modo distinto addominali alti e addominali bassi (falso anche questo), e vale per un esercizio intramontabile, ritenuto un toccasana per snellire il punto vita: le torsioni con bastone, e naturalmente è falso anche questo.

Se alcune convinzioni, per quanto errate, non creano conseguenze negative ma solo una visione distorta della realtà, altre invece rischiano di creare problemi anche seri, fornendo l’esatto contrario di quanto ci si aspetterebbe a seguito di un allenamento, quindi non un miglioramento della propria performance ma un possibile trauma, come può accadere a chi esegue l’esercizio in esame.

È fin troppo comune vedere qualcuno intento a fare le fatidiche torsioni con bastone, anche per decine di minuti, nella convinzione che questo esercizio possa rivelarsi utile per snellire la zona dei fianchi riducendo gli accumuli adiposi comunemente chiamati “maniglie dell’amore”.

Procedendo con ordine, occorre anzitutto segnalare che non è possibile, mediante un esercizio che coinvolge una specifica parte del corpo, poter dimagrire esattamente in quella zona. Ma quand’anche questa fantasiosa ipotesi fosse realizzata, si porrebbe un altro problema: nell’esecuzione delle torsioni con bastone di fatto si sta lavorando contro resistenze talmente basse da poter essere definite nulle.

In qualunque altro esercizio, svolto con i pesi o a corpo libero, si lavora cercando di vincere una resistenza che è rappresentata da un attrezzo o dal proprio corpo, ma nell’esecuzione delle torsioni con bastone nessuna resistenza si oppone al movimento che viene compiuto senza alcuna difficoltà.

La logica conseguenza di questa constatazione è che l’esercizio non comporta un lavoro tale da poter essere considerato anche minimamente allenante, o che possa indurre un dispendio calorico degno di nota, maggiore ad esempio del dispendio energetico necessario per compiere il tragitto che separa lo spogliatoio dalla sala attrezzi di una palestra.

La dimostrazione che fare le torsioni non porta benefici

Prendiamo in considerazione un altro esercizio, immaginiamo ad esempio di effettuare le distensioni su panca piana con un bastone di legno. È evidente a tutti che i pettorali non si gioverebbero di alcun risultato poiché la resistenza di un bastone è tecnicamente pari a zero. La situazione non cambia se lo stesso bastone viene impiegato per effettuare delle torsioni.

Non essendo un lavoro allenante, oltre a non produrre dispendio energetico in misura utile, non permetterà neppure di incrementare la forza o il trofismo dei muscoli coinvolti nelle torsioni, impedendo qualsivoglia beneficio o vantaggio sia sul fronte estetico che su quello dell’accelerazione metabolica. Sotto il profilo allenante, quindi, nessuno se ne dispiaccia, è possibile definire questo esercizio come perfettamente inutile. Se questo non bastasse, il problema è aggravato a causa di un altro aspetto.

Le torsioni con bastone oltre ad essere inutili sono potenzialmente traumatiche, e il rischio di compromettere la funzionalità della propria colonna vertebrale viene amplificato nel caso in cui il bastone di legno venisse sostituito da un bilanciere. Pertanto se a qualcuno fosse balenata una simile idea leggendo la prima parte di questo articolo, è bene chiarire subito che tale ipotesi non è una soluzione opportuna per incrementare la sollecitazione muscolare.

Quando l’esercizio è svolto con un bilanciere, l’intera problematica fin qui esposta viene naturalmente amplificata esponendo tra l’altro ad un precoce processo degenerativo e al rischio di protrusioni discali causate proprio da una esponenziale sollecitazione dell’anello fibroso dei dischi intervertebrali. L’impiego del bilanciere determinerebbe, infatti, oltre a quanto già osservato, la necessità di arrestare repentinamente e in modo violento la sua inerzia dopo avergli impresso un’accelerazione, esponendo oltre che ai rischi fin qui evidenziati anche alla possibilità di eventi traumatici a carico delle faccette articolari, e perfino a carico delle ginocchia se eseguito in piedi.

Altro fattore aggravante è l’esecuzione dell’esercizio da seduti. In questa posizione, infatti, i movimenti di torsione del tratto lombare risultano ulteriormente ridotti, mentre subiscono un drastico incremento le forze di compressione e come conseguenza l’azione negativa diviene proporzionalmente maggiore.

Due parole sarebbero anche da spendere rispetto ai muscoli che si intende stimolare con questo tipo di lavoro, comunemente gli addominali obliqui (interno ed esterno). La loro sollecitazione ottimale dovrebbe essere eseguita rispettando l’andamento delle fibre che, come il nome dei muscoli lascia intuire, è obliqua e quindi promuove il movimento di torsione associato però alla flessione o alla estensione; per intenderci quei movimenti che è possibile individuare nell’esecuzione di uno swing da parte di un golfista o nell’azione opposta, simile al gesto che si compie con un’ascia con l’intento di abbattere un albero. Resta aperto a questo punto il problema di chi ambisce realmente alla riduzione adiposa, ossia alla perdita del grasso corporeo, ed in particolar modo di quello intorno ai fianchi.

Se la cattiva notizia è che le torsioni con bastone oltre che inutili sono anche dannose, la buona notizia è che quando si esegue un allenamento con un grado di intensità tale da poterlo ritenere “allenante” si determinano una serie di positive conseguenze che portano poi anche al dimagrimento. Tanto per citarne alcune, l’incremento del consumo calorico provocato dall’allenamento, l’accelerazione del metabolismo che è la naturale conseguenza sia dell’allenamento svolto che dell’incremento dei volumi muscolari ecc. 

In altri termini, piuttosto che dedicarsi a un esercizio che, a prescindere dalla sua pericolosità, non si può definire ad intensità “allenante”, tanto vale dedicarsi ad un allenamento serio e adeguatamente intenso che dei vantaggi reali potrà apportarli senza compromettere l’aspetto della sicurezza.

Se malgrado tutto non dovesse bastare è evidente che occorrerà agire anche sul fronte alimentare riducendo l’apporto calorico o riconsiderando i cibi più comunemente utilizzati, destinando in ogni caso il famoso bastone al buio di uno sgabuzzino.

Perché è pericoloso questo esercizio?

Nel corso della torsione, come è facile immaginare, si realizza una rotazione delle vertebre che costituiscono la colonna vertebrale intorno all’asse rappresentato dalla medesima colonna. Non tutte le vertebre sono però uguali fra loro, avendo caratteristiche proprie e differenze sostanziali sotto il profilo della struttura.

Il movimento di torsione pertanto coinvolge soprattutto la regione toracica e non, come si potrebbe immaginare, il tratto lombare. Procedendo dalla regione toracica verso quella lombare, infatti, e man mano che ci si avvicina ad essa, il movimento di torsione risulta sempre più compromesso e limitato.

La ragione è facilmente intuibile osservando come le vertebre lombari si articolano fra loro e, per l’esattezza, come i processi articolari inferiori di ciascuna vertebra lombare si vadano ad inserire nello spazio offerto dai processi articolari superiori della vertebra sottostante. Questa sorta di incastro determina meccanicamente una drastica riduzione al movimento di torsione.

Quando viene eseguito l’esercizio fin qui chiamato in causa, si agisce “forzando” un movimento assolutamente non funzionale rispetto alla zona che si ritiene di sollecitare, provocando prevalentemente un’azione di scivolamento che genera come naturale conseguenza un enorme stress funzionale che può rivelarsi gravemente traumatico per i dischi intervertebrali del tratto lombare e, sebbene in misura minore, anche dell’ultimo tratto toracico. La tensione sulle fibre esterne e centrali espone alla loro lacerazione e, in ogni caso, incrementa la pressione rispetto al nucleo del disco intervertebrale.

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