ALLENAMENTO E SALUTE

FITNESS=BENESSERE=SALUTE DEL TUO CORPO

È risaputo che l'allenamento costituisce un fattore benefico per la salute. Questo perché si dimostra protettivo nei confronti di numerose patologie, favorendo la longevità ma anche una maggior qualità della vita.

Tuttavia, sono in pochi a divulgare le evidenze mediche (statistico-scientifiche) più significative, senza le quali certe congetture rimarrebbero tali.

Pertanto, in questo articolo proporremo le informazioni più importanti sul ruolo che l'inattività motoria gioca nello sviluppo delle malattie croniche e nella manifestazione di morte precoce – cioè determinata da patologie non ereditarie ed anzi acquisite per colpa di uno stile di vita errato.

L’allenamento migliora la salute del corpo e della mente

Quali malattie possono essere contrastate dall’allenamento del corpo?

Di seguito riassumeremo le malattie possono essere contrastate direttamente – in termini preventivi e, spesso, anche terapeutici – grazie alla pratica di attività motoria regolare.

Soprattutto:

Obesità, insulino-resistenza e diabete mellito tipo 2, ipertensione, dislipidemie (in modo diverso su trigliceridi e colesterolo), malattie cardiovascolari, osteoporosi, alcune degenerazioni articolari (osteoartrosi), cancro al colon e cancro al seno, declino senile e demenza, depressione*.

Ricordiamo d'altro canto che, contrastando l'obesità, l'esercizio fisico combatte indirettamente molte altre condizioni.

*Lo Sapevi che…

La terapia motoria sta progressivamente assumendo un ruolo fondamentale nel trattamento di varie condizioni psichiatriche e disagi psicologici, come disturbi dell'umore (ad esempio depressione maggiore, il disordine affettivo stagionale o anche condizioni più gravi), sintomi depressivi e ansiosi non patologici, tossicodipendenze ed altre sindromi da abuso (gioco d'azzardo) ecc.

Già da queste poche righe, tuttavia, emergono i primi dubbi; cosa significa attività fisica regolare?

A rispondere ci hanno pensato diverse autorità preposte, come gli istituti di ricerca nazionali, che hanno stilato apposite linee guida sull'allenamento concepito per finalità salutistiche.

Quelle di "Health Canada", ad esempio, si sono dimostrate adeguate nell'ottenere i tanto agognati benefici, specialmente nei soggetti in passato sedentari.

In tali circostanze sembra evidenziarsi una correlazione lineare tra attività motoria e stato di salute, tanto che un ulteriore aumento dell'attività fisica sportiva o fitness, associato a un miglioramento della funzionalità generale, sembrano portare a superiori benefici psico-fisici generali.

Quanto fa male la sedentarietà?

È una domanda che in pochi si pongono; solitamente infatti, ci si concentra maggiormente sull'effetto benefico del movimento.

Si tratta di una omissione subconscia, con finalità logicamente auto-protettiva, poiché la risposta è molto scomoda: "la sedentarietà fa molto male alla salute.".

Ammettere senza margine di equivoco che la propria inattività possa nuocere, come farebbe qualsiasi altro fattore di rischio (fumo, abuso alcolico, ipernutrizione e sovrappeso ecc.) non è facile.

Psicologicamente, risulta molto più "confortevole" convincersi che: "sì, allenarsi fa bene, ma non facendolo rimango semplicemente ad un livello normale". Purtroppo non è così.

La sedentarietà non è né naturale, né normale per l'essere umano, ed è responsabile di una vera e propria riduzione dello stato di salute, in quanto costituisce un fattore di rischio modificabile per tutte le condizioni disagevoli di cui si è fatto cenno sopra.

La prevalenza di inattività fisica è percentualmente importantissima, in alcuni stati addirittura superiore, rispetto a quella di tutti gli altri fattori di rischio modificabili (legati allo stile di vita, come la dieta).

Più sotto, oltre a sviluppare la correlazione tra allenamento o patologie, descriveremo anche i dati relativi alla fitness generale e muscolare, e tratteremo gli effetti indipendenti della frequenza (strettamente legata al volume) e dell'intensità dell'attività fisica.

Prevenzione primaria sulla mortalità precoce

Dal lavoro di Morris e colleghi risalente a metà del secolo scorso e dai primi lavori di Paffenbarger e colleghi negli anni '70, sono stati condotti numerosi studi prospettici di follow-up a lungo termine –

riguardanti principalmente uomini ma, più recentemente, anche donne – che hanno valutato il rischio di morte per qualsiasi causa e da malattie specifiche (ad es. malattie cardiovascolari) associate a inattività fisica.

Sia gli uomini che le donne con aumentato livello di allenamento sportivo e fitness hanno riscontrato una riduzione del rischio relativo di morte di circa il 20-35%.

Ad esempio, in uno studio che ha coinvolto uomini e donne di mezza età sani, seguiti per 8 anni, i livelli più bassi di prestazione fisica, misurati su un tapis roulant, si associavano a un aumento del rischio di morte per qualsiasi causa rispetto ai più alti.

Indagini più recenti hanno mostrato riduzioni ancora maggiori del rischio di morte per qualsiasi causa e per malattie cardiovascolari. Ad esempio, un buon stato di forma e attività era associato a una riduzione del rischio >50 %.

Inoltre, un aumento del dispendio energetico derivante dall'attività fisica di 1000 kcal (4200 kJ) a settimana o un aumento della forma fisica di 1 MET (metabolismo equivalente) era associato a un beneficio in termini di mortalità di circa il 20%.

Le donne di mezza età fisicamente inattive (impegnate in < 1 ora di esercizio alla settimana) hanno sperimentato un aumento del 52% della mortalità per tutte le cause, un raddoppio della mortalità correlata al sistema cardiovascolare e un aumento del 29% della mortalità correlata al cancro rispetto a quelle fisicamente attive.

Questi indici di rischio sono simili a quelli per ipertensione, ipercolesterolemia e obesità e si avvicinano a quelli associati al fumo di sigaretta moderato. Inoltre, sembra che le persone più in forma ma con altri fattori di rischio per malattie cardiovascolari mostrino un minor rischio di morte prematura rispetto alle persone sedentarie senza fattori di rischio per malattie cardiovascolari.

Un aumento della forma fisica riduce il rischio di morte prematura e una diminuzione della stessa lo aumenta.

L'effetto sembra essere graduale, in modo tale che anche piccoli miglioramenti nella forma fisica si associno a una significativa riduzione del rischio.

In uno studio, 35 partecipanti con i più alti livelli di forma fisica al basale e che hanno mantenuto o migliorato la loro forma fisica per un periodo prolungato avevano il rischio più basso di morte prematura.

In persone precedentemente sedentarie, modesti miglioramenti della forma fisica sono stati associati a grandi miglioramenti dello stato di salute. 

Ad esempio, i soggetti che sono passati da sedentari ad attivi per un periodo di 5 anni hanno mostrato una riduzione del 44% del rischio relativo di morte rispetto a quelli che sono rimasti inattivi.

Una recente revisione sistematica della letteratura sulla prevenzione primaria nelle donne ha rivelato che esisteva una relazione inversa graduale tra l'attività fisica e il rischio di morte cardiovascolare, con un rischio relativo di 0,67 per le donne più attive rispetto al gruppo meno attivo. 

Questi effetti protettivi sono stati osservati con appena 1 ora di cammino a settimana.

In sintesi, gli studi osservazionali forniscono prove convincenti che un'attività fisica regolare e un alto livello di forma fisica si associno a un ridotto rischio di morte prematura per qualsiasi causa e da malattie cardiovascolari, in particolare tra uomini e donne asintomatici.

Sembra dose-risposta inoltre esistere una relazione, tale che le persone coi i più alti livelli di attività e forma fisica mostrino un rischio più basso di morte prematura.

Prevenzione secondaria sulla mortalità precoce

I benefici dell'attività e della forma fisica si estendono anche ai pazienti con malattie cardiovascolari accertate.

Questo aspetto è molto importante perché, da parecchio tempo, ai pazienti con malattie cardiache venivano raccomandati totale riposo e inattività.

A differenza degli approfondimenti sulla prevenzione primaria, molti studi sulla prevenzione secondaria sono di tipo clinico controllato e randomizzato (RCT).

Diverse revisioni sistematiche hanno chiaramente dimostrato l'importanza di un esercizio fisico regolare per attenuare o invertire il processo patologico nei pazienti con malattie cardiovascolari. 

Ad esempio, una revisione sistematica e una meta-analisi di 48 studi clinici ha rivelato che, rispetto alle cure usuali, la riabilitazione cardiaca è capace di ridurre significativamente l'incidenza di morte prematura per qualsiasi causa e in particolare per malattie cardiovascolari.

Un dispendio energetico supplementare di circa 1600 kcal (6720 kJ) a settimana si è dimostrato efficace nell'arrestare la progressione della malattia coronarica, ed è stato dimostrato che un dispendio energetico di circa 2200 kcal (9240 kJ) a settimana può associarsi alla riduzione della placca nei pazienti con malattie cardiache.

Anche l'allenamento a bassa intensità [ad es., meno del 45% della potenza aerobica massima (VO2max)] è stato associato anche ad un miglioramento dello stato di salute tra i pazienti con malattie cardiovascolari.

Tuttavia, l'intensità di allenamento raccomandata per i pazienti con malattie cardiache è generalmente il 45% della frequenza cardiaca di riserva – ovvero, la differenza tra la frequenza cardiaca massima (FCmax) e la frequenza cardiaca a riposo.

In sintesi, un'attività fisica regolare è chiaramente efficace nella prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari ed è efficace nell'attenuare il rischio di morte prematura tra uomini e donne.

Prevenzione primaria sul diabete mellito tipo 2

È stato dimostrato che sia l'esercizio aerobico che quello di forza si associano ad un ridotto rischio di diabete di tipo 2.

In un ampio studio prospettico, ogni aumento di 500 kcal (2100 kJ) nel dispendio energetico settimanale viene associato a una riduzione del 6% sull'incidenza del diabete di tipo 2. 

Questo beneficio era particolarmente evidente tra le persone ad alto rischio di diabete – cioè quelle con un indice di massa corporea (BMI) elevato – una scoperta supportata da molti altri ricercatori.

Ad esempio, tra 21271 medici maschi, quelli che hanno riportato un'attività fisica settimanale sufficiente a provocare sudore presentavano una ridotta incidenza di diabete di tipo 2.

Livelli di attività fisica moderatamente intensi (≥ 5,5 MET per almeno 40 minuti a settimana) e di tipo cardiovascolare (> 31 ml di ossigeno per chilogrammo al minuto) hanno anche dimostrato di essere protettivi contro lo sviluppo del diabete di tipo 2 negli uomini di mezza età, con un effetto ancora maggiore tra quelli ad alto rischio di diabete.

Diversi ricercatori hanno riportato una ridotta incidenza del diabete di tipo 2 tra le persone ad alto rischio (ad es. quelli in sovrappeso) in seguito a certi interventi sullo stile di vita. 

Una revisione RCT sull'argomento ha concluso che una modesta perdita di peso con la dieta e l'esercizio fisico può ridurre l'incidenza della malattia tra le persone ad alto rischio di circa il 40-60% in 3-4 anni.

In uno degli RCT, un intervento sullo stile di vita che includeva attività fisica moderata per almeno 150 minuti a settimana si è rivelato più efficace della sola metformina nel ridurre l'incidenza del diabete.

In sintesi, la ricerca sostiene l'importanza di un'attività fisica regolare per la prevenzione primaria del diabete di tipo 2. Sono necessarie ulteriori ricerche per scoprire i metodi ideali (ad esempio, allenamento di potenziamento muscolare o allenamento aerobico) e i livelli di intensità dell'esercizio.

Prevenzione secondaria sul diabete mellito tipo 2

Gli interventi sull'allenamento fisico sono efficaci anche nella gestione del diabete.

Uno studio prospettico di coorte ha mostrato che camminare per almeno 2 ore a settimana era associato a una riduzione dell'incidenza di morte prematura del 39-54% per qualsiasi causa e del 34-53% per malattie cardiovascolari tra i diabetici.

Inoltre, l'atto di deambulazione che ha portato ad aumenti moderati della frequenza cardiaca e respiratoria è stato associato a riduzioni significative della mortalità per tutte le cause e della mortalità cardiovascolare.

In un altro studio di coorte, 54 uomini fisicamente inattivi con diabete di tipo 2 accertato avevano un rischio di morte prematura 1,7 volte superiore rispetto agli uomini fisicamente attivi con diabete di tipo 2. 

Questa differenza è stata osservata anche tra le persone con sindrome metabolica.

Sia l'allenamento aerobico che quello di potenziamento muscolare hanno dimostrato di essere benefici per il controllo del diabete; tuttavia, l'allenamento di potenziamento può avere maggiori benefici per il controllo glicemico rispetto all'allenamento aerobico.

Una meta-analisi di 14 studi controllati (11 randomizzati) ha rivelato che i protocolli di esercizio hanno prodotto una riduzione modesta ma clinicamente e statisticamente significativa dell'emoglobina glicosilata (0,66%) rispetto al controllo; nella maggior parte degli studi, i partecipanti sono stati trattati con ipoglicemizzanti orali.

Questo livello di cambiamento è simile a quello osservato negli studi che confrontavano la terapia ipoglicemizzante intensiva con i trattamenti convenzionali, noto per essere associato a una riduzione del 42% della mortalità correlata al diabete.

In sintesi, gli interventi sulla pratica motoria nei pazienti con diabete sono utili a migliorare l'omeostasi del glucosio. 

Studi prospettici con un follow-up adeguato mostrano una forte associazione tra esercizio e ridotti tassi di morte per qualsiasi causa, e in particolare per diabete. La ricerca futura dovrà concentrarsi sull'esame degli effetti della dose (intensità e frequenza dell'esercizio).

Prevenzione primaria sul cancro

Le revisioni sulla relazione tra cancro ed esercizio motorio sono numerose.

Dalla letteratura disponibile (che comprende oltre 100 studi epidemiologici), pare che l'attività fisica di routine, sia come parte di un vero e proprio protocollo che come attività ricreativa, si associ a una riduzione dell'incidenza di tumori specifici, in particolare cancro al colon e al seno.

Una revisione sistematica degli studi epidemiologici ha rivelato che un'attività fisica moderata (> 4,5 MET, che equivarrebbe a "falciare il prato") si assocerebbe ad un effetto protettivo maggiore rispetto ad attività di minore intensità.

Uomini e donne fisicamente attivi mostravano una riduzione del 30–40% sul rischio di cancro al colon; solo le donne fisicamente attive mostravano una riduzione del 20-30% sul rischio di cancro al seno rispetto alle loro controparti sedentarie.

In sintesi, ci sono prove convincenti che l'attività fisica di routine si possa associare a diminuzioni sull'incidenza di tumori specifici, in particolare il cancro al seno e al colon.

Prevenzione secondaria sul cancro

Le informazioni sull'efficacia dell'attività fisica nel prevenire la morte per cancro o per qualsiasi causa nei pazienti con cancro sono poche.

Uno studio di follow-up iniziale (5,5 anni) su donne con cancro al seno ha rivelato una scarsa associazione tra l'attività fisica ricreativa totale e il rischio di morte per cancro al seno. 

Tuttavia, lo studio ha mostrato alcune limitazioni importanti.

Due recenti studi di follow-up sui pazienti oncologici (cancro al seno e al colon) hanno rivelato che una maggiore attività fisica auto-riferita era associata a una diminuzione della recidiva del cancro e al rischio di morte per cancro.

Uno studio ha rivelato una riduzione del 26–40% del rischio relativo di morte per cancro e recidiva di cancro al seno tra le donne più attive rispetto a quelle meno attive. Altri studi hanno mostrato associazioni simili.

Attualmente si cerca di comprendere il meccanismo di questo effetto di maggior sopravvivenza, inclusi gli effetti dell'esercizio sull'efficacia della chemioterapia.

È stato dimostrato che anche l'attività fisica regolare è associata a un miglioramento nella qualità complessiva della vita e dello stato di salute dei pazienti con cancro.

In sintesi, l'attività fisica regolare sembra conferire un beneficio per la salute ai pazienti con cancro accertato. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per esaminare il suo ruolo nella prevenzione secondaria del cancro.

In particolare, sono necessari ampi RCT che valutino l'efficacia dell'esercizio motorio per chiarire completamente l'importanza di un'attività fisica regolare sullo stato di salute dei pazienti con cancro.

Prevenzione primaria sull’osteoporosi

L'esercizio fisico che implica un continuo sostegno dello scheletro contro la gravità sembra avere effetti positivi sulla densità minerale ossea – sarebbe quindi escluso il nuoto.

In una revisione, 10 diversi rapporti trasversali hanno rivelato che le persone che seguivano un allenamento di questo tipo avevano una maggiore densità minerale ossea rispetto a coloro che non lo facevano e rispetto agli atleti che praticavano sport a basso impatto.

Numerosi studi longitudinali hanno esaminato gli effetti dell'allenamento fisico sulla salute delle ossa in bambini, adolescenti e giovani adulti, mezza età e anziani. 

Sebbene il numero di studi e il totale dei partecipanti esaminati siano relativamente piccoli rispetto a quelli della letteratura cardiovascolare, si evincono prove convincenti che l'attività fisica che richiede un continuo sostegno dello scheletro contro la gravità, previene la perdita ossea associata all'invecchiamento.

In una meta-analisi RCT è stato riscontrato che i programmi di allenamento fisico prevengono o invertono quasi dell'1% annuo la perdita ossea della colonna vertebrale lombare e del collo del femore nelle donne sia in pre-menopausa che in post-menopausa. 

L'allenamento fisico sembra ridurre significativamente il rischio di cadute.

Il rischio e l'incidenza di fratture sembrano ridursi anche tra le persone attive. 

Tra 3262 uomini sani (età media 44 anni) seguiti per 21 anni, un'intensa attività fisica si è associata a una ridotta incidenza di fratture dell'anca. 

Questa osservazione supporta i risultati di un'indagine precedente nella quale i tassi di frattura erano inferiori tra le persone che svolgevano più attività rispetto alle persone sedentarie.

In sintesi, l'attività fisica routinaria sembra prevenire la perdita di densità minerale ossea e l'osteoporosi, in particolare nelle donne in post-menopausa. I benefici superano chiaramente i potenziali rischi, in particolare nelle persone anziane.

Prevenzione secondaria sull’osteoporosi

Densità ossea nelle donne anziane (75-85 anni di età) già affette da bassa densità minerale ossea

In qesto RCT di 6 mesi, 98 donne sono state casualmente assegnate alla partecipazione di allenamento contro resistenza (n = 32), per l'agilità (n = 34) o stretching (shame exercise, n = 32).

L'allenamento per l'agilità ha determinato un aumento significativo della densità ossea corticale dello 0,5% a livello della diafisi tibiale e l'allenamento contro resistenza ha determinato un aumento significativo della densità ossea corticale dell'1,4% all'albero radiale; il gruppo di stretching ha sperimentato perdite nella densità ossea corticale.

Inoltre, uno studio su donne osteopeniche in post-menopausa precoce ha rivelato che un programma di allenamento intensivo di 2 anni era efficace nell'attenuare il tasso di perdita ossea.

In sintesi, le prove preliminari indicano che un'attività fisica regolare è un'efficace strategia di prevenzione secondaria per il mantenimento della salute delle ossa e per la lotta contro l'osteoporosi.

Attività Fisica e Fitness Generale

La fitness generale è uno stato fisiologico di piena e totale funzionalità (essenziale o basale) che consente di soddisfare le esigenze della vita quotidiana ed in grado di fornire le basi per la progressione sportiva.

La fitness generale include tutte le componenti dello stato di salute, tra cui fitness cardiovascolare, fitness respiratoria, fitness muscolare, fitness osteoarticolare, composizione corporea e fitness metabolica.

L'unico modo per ottenere o mantenere la fitness generale è l'attività fisica. Inoltre, entrambe si relazionano inversamente sia alla morbilità che alla mortalità.

Ecco perché, spesso, questi due fattori vengono utilizzati come criteri intercambiabili; ma in realtà non lo sono.

La maggior parte delle analisi ha mostrato una riduzione di almeno il 50% della mortalità tra le persone con buona fitness generale rispetto a quelle con bassi valori – pertanto viene considerata un valore più predittivo dell'attività fisica.

Per ottenere stime accurate in riferimento all'attività fisica, alcuni si affidano alle misurazioni, che fornirebbero una valutazione quantitativa della stessa. 

Tra i criteri di maggior interesso troviamo il dispendio energetico, alla valutazione della frequenza cardiaca o alla stima della performance (tempo, distanza, forza ecc.) ecc.

Spesso però, la valutazione della fitness generale non è applicabile nelle indagini più grandi e basate sulla popolazione generale.

Anche per questo, dal punto di vista della salute pubblica, Blair e colleghi sostengono che sia preferibile incoraggiare le persone a diventare fisicamente più attive anziché raggiungere maggiori livelli di fitness generale, perché trattasi di un concetto più facilmente comprensibile ed apparentemente semplice rispetto alla funzionalità essenziale (che, d'altro canto, rimane l'obbiettivo finale).

Fitness muscoloscheletrica: un cambio di paradigma

In contraddizione a quanto molti credono, possono verificarsi dei miglioramenti negli indicatori dello stato di salute – dovuti all'aumento dell'attività fisica – anche in assenza di cambiamenti nella capacità aerobica.

Ciò è particolarmente evidente nelle popolazioni anziane, nelle quali l'attività fisica regolare può portare a riduzioni dei fattori di rischio per malattie croniche e disabilità senza modificare i tradizionali marker di prestazione fisiologica tipicamente aerobici (ad es. la gittata cardiaca e il potenziale ossidativo).

Quel che accade è invece un miglioramento della fitness muscoloscheletrica.

Vi sono prove crescenti che una migliore forma fisica muscolo-scheletrica si associ a un incremento dello stato di salute generale e a una riduzione del rischio di malattie croniche e disabilità.

Questa ricerca ha portato a uno spostamento dell'attenzione nella ricerca relativa ai benefici per la salute delle attività al sistema muscolo-scheletrico.

La fitness muscoloscheletrica sembra essere particolarmente importante per le persone anziane e per la loro capacità di mantenere l'indipendenza funzionale.

In effetti, molte attività della vita quotidiana non richiedono una grande produzione aerobica ma dipendono invece da una o più componenti della forma fisica muscolo-scheletrica.

Molte persone anziane in buona salute possono trovarsi alla soglia funzionale di dipendenza o in prossimità di essa, rischiando di perdere la capacità di svolgere le attività quotidiane. Con un declino muscolo-scheletrico, un individuo può perdere la capacità di alzarsi da una sedia o salire le scale.

Questo rappresenta un ciclo vizioso, in cui la forma muscoloscheletrica continua a peggiorare, portando ad inattività e ulteriore dipendenza.

I miglioramenti nella funzione muscolo-scheletrica hanno un enorme potenziale nel ritardare o eliminare l'insorgenza di disabilità, dipendenza e malattie croniche.

Ad esempio, precedenti indagini longitudinali hanno rivelato che le persone con alti livelli di forza muscolare evidenziano meno limitazioni funzionali e minore incidenza di malattie croniche come diabete, ictus, artrite, malattia coronarica e disturbi polmonari

Due recenti revisioni sistematiche hanno rivelato che una migliore forma muscoloscheletrica è positivamente associata a indipendenza funzionale, mobilità, omeostasi del glucosio, salute delle ossa, benessere psicologico e qualità generale della vita, ed è negativamente associata al rischio di cadute, malattie e morte prematura.

Gli interventi che migliorano l'idoneità muscoloscheletrica sembrano essere particolarmente importanti per migliorare lo stato di salute degli anziani fragili che hanno una bassa riserva muscolo-scheletrica.

Questa ricerca ha rivelato chiaramente l'importanza di impegnarsi in attività che impegnano il sistema muscoloscheletrico ed è supportata dai risultati di una recente indagine epidemiologica.

Questa evidenza fornisce un supporto diretto alla recente raccomandazione che l'allenamento di potenziamento muscolare e di flessibilità muscolare vengano eseguiti almeno due volte a settimana per mantenere lo stato funzionale fisiologico, promuovere alti livelli di attività fisica generale a lungo termine e migliorare la qualità generale della vita.

Quanta attività fisica è considerata sufficiente?

È evidente che l'attività fisica sia essenziale nella prevenzione delle malattie croniche e della morte precoce.

Tuttavia, rimangono dubbi sull'identificazione del "carico allenante" (durata e intensità dell'esercizio, frequenza delle sessioni, densità dello stimolo ecc.), sia ottimale che minimo necessario, per ottenere i suddetti benefici per la salute.

In particolare, a suscitare maggiori dubbi sarebbe la scelta del parametro d'intensità (bassa, media o moderata, intensa o vigorosa). Ci sono comunque prove interessanti che questa risulti inversamente e linearmente associata alla mortalità.

I primi lavori di Paffenbarger e associati hanno rivelato che un'attività fisica regolare (con un consumo >2000 kcal [8400 kJ] a settimana) potevano correlarsi ad un aumento medio dell'aspettativa di vita da 1 a 2 anni, all'età di 80 anni, e che, anche a livelli inferiori di dispendio energetico, i benefici erano comunque lineari.

Studi successivi hanno dimostrato che un dispendio energetico medio di circa 1000 kcal (4200 kJ) a settimana si associa a una riduzione del 20-30% della mortalità per tutte le cause.

Attualmente, la maggior parte delle organizzazioni, dei professionisti della salute e del fitness sostengono un volume minimo di esercizio pari a 1000 kcal (4200 kJ) a settimana e riconosce i vantaggi aggiuntivi di un maggiore dispendio energetico.

Più recentemente si è ipotizzato che livelli ancora più bassi di dispendio energetico settimanale possano associarsi a benefici per la salute.

Un volume di esercizio di circa la metà rispetto all'attualmente raccomandato può essere sufficiente, in particolare per i soggetti che sono estremamente decondizionati e/o fragili e/o anziani. 

È necessaria un'ulteriore ricerca per determinare se consumare anche solo 500 kcal (2100 kJ) a settimana offra benefici rilevanti per la salute. In tal caso, le persone precedentemente sedentarie potrebbero avere maggiori probabilità di impegnarsi nell'attività fisica e mantenere uno stile di vita attivo.

La relazione dose-risposta tra attività fisica e stato di salute sopra delineato si riferisce generalmente a malattie cardiovascolari e morte prematura per qualsiasi causa. 

Tuttavia, lo stesso può valere per altri benefici associati all'attività.

Ad esempio, come accennato in precedenza, livelli di esercizio moderatamente intensi (≥ 5,5 MET per almeno 40 minuti a settimana) di fitness cardiovascolare (> 31 ml di ossigeno per chilogrammo al minuto) sono considerate strategie preventive efficaci contro il diabete di tipo 2. 

Nei pazienti con diabete mellito tipo 2 è stato anche dimostrato che camminare per più di 2 ore a settimana riduce il rischio di morte prematura.

Per quanto riguarda il cancro, una revisione della letteratura ha rivelato che un'attività fisica moderata (> 4,5 MET) per circa 30-60 minuti al giorno ha un maggiore effetto protettivo contro il cancro del colon e della mammella rispetto alle attività di bassa intensità. 

Il massimo beneficio per la riduzione dell'incidenza di cancro al seno si è osservato tra le donne che hanno svolto 7 o più ore di attività da moderata a vigorosa a settimana. 

Tra le pazienti con cancro accertato, camminare 1 o più ore a settimana non ha portato benefici rilevanti. Il vantaggio maggiore invece, è stato osservato tra i sopravvissuti al cancro che eseguivano esercizi fisici equivalenti a 3-5 ore settimanali a un'intensità media.

Per quanto riguarda l'osteoporosi, la relazione dose-risposta dell'attività fisica pare meno chiara. 

Tuttavia, gli adattamenti osteogenici sembrano essere dipendenti dal carico allenante e sito-specifici. Di conseguenza, per una salute ossea ottimale, sono maggiormente consigliate le attività fisiche che richiedono un impatto o comunque uno stimolo meccanismo significativo.

Distanze di corsa fino a 15-20 miglia (24-32 km) a settimana sono state associate all'accumulo o al mantenimento della densità minerale ossea, ma distanze maggiori possono essere invece associate a una riduzione della densità minerale ossea.

In che modo l'attività fisica e la fitness generale portano a un miglior stato di salute?

Diversi meccanismi biologici possono essere responsabili della riduzione del rischio di malattie croniche e morte prematura associati all'attività fisica di routine. Ad esempio, è stato dimostrato che l'attività fisica di routine:

migliora la composizione corporea (ad es. attraverso una ridotta adiposità addominale e un migliore controllo del peso);

migliora i profili delle lipoproteine (per es. attraverso livelli ridotti di trigliceridi, aumento delle lipoproteine ad alta densità [HDL] e riduzione delle lipoproteine a bassa densità [LDL] ottimizzazione del rapporto tra di esse);

migliora l'omeostasi del glucosio e la sensibilità all'insulina;

riduce la pressione sanguigna;

migliora il tono autonomico;

riduce l'infiammazione sistemica;

diminuisce la coagulabilità del sangue;

migliorare il flusso sanguigno coronarico;

aumenta la funzione cardiaca;

migliora la funzione endoteliale.

Elevati livelli circolanti dei mediatori infiammatori cronici (ad es. la proteina C-reattiva) sono fortemente associati alla maggior parte delle malattie croniche, la cui prevenzione sembra beneficiare dell'esercizio fisico. Recenti RCT hanno dimostrato che l'allenamento fisico può ridurre i livelli di proteina C-reattiva.

Ciascuno di questi fattori può spiegare direttamente o indirettamente la ridotta incidenza di malattie croniche e morte prematura tra le persone che praticano attività fisica di routine.

L'attività fisica di routine può anche associarsi a un miglioramento del benessere psicologico (ad esempio, attraverso la riduzione di stress, ansia e depressione), particolarmente importante nella prevenzione e gestione delle malattie cardiovascolari, ma con importanti implicazioni per la prevenzione e la gestione di altre malattie croniche come il diabete, l'osteoporosi, l'ipertensione, l'obesità, il cancro e la depressione maggiore.

I cambiamenti nella funzione endoteliale possono essere un adattamento particolarmente importante. 

La disfunzione endoteliale sembra aumentare con l'invecchiamento, il fumo e molteplici stati di patologie croniche, tra le quali malattia coronarica, insufficienza cardiaca congestizia, ictus, diabete di tipo 2, ipertensione, ipercolesterolemia e obesità. 

È stato riscontrato che l'attività aerobica regolare migliora la funzione vascolare negli adulti in maniera indipendente dagli altri fattori di rischio, e ciò si traduce in un miglioramento della funzione endoteliale, che conferisce un beneficio per la salute a di una serie di stati patologici.

Sebbene la maggior parte delle ricerche sui meccanismi implicati affronti la relazione tra malattie cardiovascolari e attività fisica, i ricercatori hanno anche valutato i meccanismi primari responsabili della diminuzione del rischio e della gravità dei singoli stati di malattia.

Infatti, nonostante gli adattamenti siano globalmente benefici per più stati patologici, l'attività fisica si traduce anche in adattamenti specifici che influenzano i singoli stati di malattia. 

Ad esempio, nel diabete di tipo 2, gli adattamenti che influenzano l'omeostasi del glucosio sono di grande importanza.

Secondo Ivy, come risultato di una regolare attività fisica, si verificherebbe una serie di cambiamenti (indipendenti dalla composizione corporea) tra cui: aumento dell'attività della glicogeno sintasi e dell'esochinasi, aumento della proteina GLUT-4 e dell'espressione dell'mRNA, e miglioramento della densità dei capillari muscolari (con conseguente miglioramento dell'apporto di glucosio al muscolo).

La riduzione del 46% dei tassi di cancro associata a un'attività fisica regolare può essere spiegata da una serie di meccanismi, compresa la riduzione delle riserve adipose, l'aumento del dispendio energetico, cambiamenti legati all'attività degli ormoni sessuali, funzione immunitaria, insulina e fattori di crescita insulino-simili, generazione di radicali liberi ed effetti diretti sul tumore.

La maggior parte dei meccanismi proposti è stata discussa nel contesto degli adattamenti cronici causati dall'attività fisica di routine. Tuttavia, i ricercatori hanno recentemente esaminato anche l'importanza dei cambiamenti nell'acuto dei fattori di rischio legati alle malattie croniche.

Un'eccellente revisione dell'argomento da parte di Thompson e colleghi ha rivelato che, in acuto, l'esercizio può provocare cambiamenti transitori sotto forma di riduzione dei trigliceridi, aumento delle HDL, diminuzione della pressione sanguigna (per 12-16 ore), riduzione della resistenza insulinica e miglioramento nel controllo del glucosio.

Questi cambiamenti acuti indicano il ruolo fondamentale che le sessioni di allenamento hanno sullo stato di salute generale.

Conclusioni

Si riconoscono prove incontrovertibili che un'attività fisica regolare contribuisca alla prevenzione primaria e secondaria di numerose malattie croniche, e che si associ a un ridotto rischio di morte prematura.

Sembra esserci una relazione lineare graduale tra il carico dell'attività fisica e lo stato di salute, ovvero il rischio diminuisce all'aumentare dell'allenamento.

Tuttavia, i maggiori benefici per lo stato di salute si osservano quando le persone meno in forma diventano fisicamente attive.

Le attuali linee guida sull'attività promosse da Health Canada sembrano essere sufficienti a ridurre il rischio per la salute.

È probabile che le persone che svolgono esercizio fisico a livelli maggiori rispetto alle raccomandazioni ottengano ulteriori benefici per la salute.

I programmi di promozione della salute dovrebbero essere rivolti a persone di tutte le età, poiché il rischio di malattie croniche inizia nell'infanzia e aumenta con gli anni.

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