Alimentazione
OBESITA'
L'obesità è considerata una patologia endemica, poiché diffusa in una popolazione geograficamente circoscritta. Nello specifico l'obesità è prerogativa tipica, anche se non esclusiva, dei Paesi occidentali, dove circa 1/3 degli abitanti è sovrappeso.
Secondo i dati ISTAT, nel 1999 gli Italiani sovrappeso erano circa il 33,6% della popolazione, mentre gli obesi erano "soltanto" il 9,1%. Da allora ad oggi il dilagare dell'obesità non ha accennato rallentamenti, tanto che ha ormai raggiunto la soglia del 10% (9,8%). Cresce anche il numero di Italiani sovrappeso, passati dal 33,6% del 1999 all'attuale 34,2%. Il dato più allarmante riguarda la diffusione del problema tra i bambini di cui l'Italia detiene, insieme alla Grecia e alla Spagna, il triste primato. Oltre un terzo dei bambini italiani di età compresa tra i sei e i nove anni è infatti in condizioni di sovrappeso o obesità (34,1%).
Obesità: che cos'è e come si classifica
L'obesità è una condizione morbosa caratterizzata da un eccesso di massa adiposa rispetto alla massa magra, in base ai limiti ritenuti normali per età, sesso e statura.
In linea generale si parla di obesità quando:
il peso corporeo supera il peso ideale di una quantità pari almeno al 20%;
oppure quando l'indice di massa corporea (I.M.C) è superiore a 30.
Non è solo questione di peso
Tra le tante definizioni di obesità, la seguente si distingue per semplicità e completezza:
si definisce obesità l'eccessivo aumento di peso per abnorme accumulo di tessuto adiposo.
Per parlare di obesità non è quindi sufficiente constatare un'importante sovrappeso ma occorre valutare anche la percentuale di massa grassa. Per esempio, a parità di altezza, sesso, età e peso, un longilineo sedentario potrebbe risultare obeso mentre la sua controparte brevilinea e sportiva potrebbe avere una massa adiposa nella norma. In quest'ultimo caso non si può parlare di obesità poiché l'eccesso ponderale è dovuto soprattutto alla maggiore massa ossea e muscolare.
Il B.M.I è quindi un indicatore approssimativo poiché il peso corporeo non è condizionato solo dalla massa grassa ma anche da quella magra.
La massa grassa può essere misurata in diversi modi: contando le pieghe della pelle, valutando il loro spessore (plicometria), utilizzando la bioimpedenza (optional sempre più richiesto nelle comuni bilance) oppure utilizzando tecniche sofisticatissime (risonanza magnetica, pesata idrostatica, TAC, BOD POD ecc.).
Obesità androide ed obesità ginoide
Nel 1950 Jean Vague introdusse la distinzione tra obesità androide ed obesità ginoide, osservando che alla prima si associava un maggior rischio di ipercolesterolemia, iperuricemia, ipertensione e ridotta tolleranza ai carboidrati. Oltre che dal punto di vista quantitativo (eccesso di massa grassa) le obesità vanno dunque indagate anche sotto l'aspetto qualitativo.
Già in condizioni fisiologiche, maschio e femmina si distinguono per una diversa distribuzione della massa adiposa. Le forme corporee sono infatti legate al rapporto tra ormoni sessuali maschili (androgeni) e femminili (estrogeni). Tale fenomeno diventa evidente nel periodo postmenopausale, nel quale, a causa del calo dei livelli estrogenici, si assiste ad una redistribuzione del grasso corporeo.
In condizioni patologiche tali differenze possono esacerbarsi, dando luogo ai due principali tipi di obesità:
OBESITÀ ANDROIDE (detta anche centrale, viscerale, tronculare o "a mela"): tipicamente maschile, si associa ad una maggiore distribuzione di tessuto adiposo nella regione addominale, toracica, dorsale e cerviconucale. L'obesità androide si associa inoltre ad un'elevata deposizione di adipe in sede intraviscerale (addominale o interna).
OBESITÀ GINOIDE (detta anche periferica, sottocutanea o "a pera"): tipicamente femminile, si caratterizza per una distribuzione delle masse adipose nella metà inferiore dell'addome, nelle regioni glutee ed in quelle femorali. Nell'obesità ginoide il grasso è presente soprattutto nel compartimento sottocutaneo, con conseguente elevato rapporto tra grasso superficiale e profondo.
NOTA BENE: l'obesità più pericolosa, per quanto riguarda le complicanze cardiovascolari e metaboliche, è quella androide, sia che si instauri nell'uomo sia che compaia nella donna.
Per valutare il tipo di obesità che si sta osservando è sufficiente misurare la circonferenza della vita nel suo punto più stretto (senza indossare indumenti che sfalsino la misura).
Un dato più obiettivo si ottiene calcolando il rapporto tra la circonferenza misurata a livello ombelicale (vita) e gluteo (fianchi). Tale rapporto, chiamato WHR (dall'ingelese Waist to Hip ratio), fa affidamento ai seguenti valori:
si parla di obesità androide quando il rapporto WHR è maggiore di 0,85
si parla di obesità ginoide quando il rapporto WHR è inferiore a 0,79.
In ogni caso il rapporto vita/fianchi dovrebbe essere inferiore a 0,95 per gli uomini e 0,8 per le donne. I pazienti che superano tali valori sono considerati ad alto rischio di problemi medici legati all'obesità.
Similmente al B.M.I o I.M.C, anche il WHR è un indicatore approssimativo, poiché non tiene conto del rapporto tra la massa muscolare presente nella regione glutea e in quella addominale.
L'obesità androide è frequentemente associata a diabete di tipo II, dislipidemia, patologie cardiovascolari ed iperuricemia. Tutte queste condizioni vengono sovente raggruppate nel termine "sindrome plurimetabolica" e rappresentano un grave rischio per la salute del paziente.
Gli adipociti omentali (cellule adipose viscerali) risultano maggiori nell'obesità androide; in quella ginoide prevalgono invece gli accumuli adiposi sottocutanei.
Indagini sperimentali hanno dimostrato che gli adipociti viscerali o interni sono più sensibili all'attività lipolitica ("dimagrante") di alcuni ormoni (catecolamine). Chi soffre di obesità androide è quindi più fortunato da un lato, poiché il grasso viscerale tende ad essere smaltito più in fretta di quello sottocutaneo, e più sfortunato dall'altro, poiché un'immissione troppo elevata di acidi grassi nel sangue determina conseguenze negative per l'intero organismo.
Quando le molecole adipose e non (gli adipociti rilasciano anche ormoni e sostanze ad azione pro-infiammatoria) provenienti dal metabolismo del grasso viscerale raggiungono il fegato, lo "inondano" e ne alterano il funzionamento. La modificazione del metabolismo epatico provoca alterazioni di molti valori ematici e facilita l'insorgenza di iperinsulinismo/insulinoresistenza (diabete di tipo II) e malattie cardiovascolari (ipertensione, dislipidemie, infarto del miocardio).
All'origine dell'obesità androide vi sono diversi fattori costituzionali (genetici, ormonali) ed ambientali (abuso di alcol). La ricerca ha evidenziato che anche nelle persone normopopeso e sovrappeso possono esserci importanti accumuli di grasso intorno agli organi interni. Anche gli individui apparentemente magri possono quindi essere esposti ad un aumentato rischio per tutte le patologie tradizionalmente associate all'obesità androide.
Per approfondire.Il grasso viscerale può essere perso con l'esercizio fisico.
L'attività fisica si è dimostrata tra le strategie più efficaci per favorire la ridistribuzione del grasso corporeo e la perdita di quello localizzato in sede intra-addominale. E' bene sottolineare che quando si inizia un programma dimagrante basato sul regolare esercizio fisico, la perdita adiposa potrebbe essere controbilanciata dall'ipertrofia muscolare. Di conseguenza il peso del soggetto obeso potrebbe rimanere costante.
Al contrario di quello viscerale, il grasso sottocutaneo, più abbondante nell'obesità ginoide, oppone maggiore resistenza agli effetti lipolitici delle terapie dimagranti (farmacologiche, dietetiche, comportamentali, sportive ecc.).