Alimentazione
LA BRESAOLA
La bresaola è un salume crudo non affumicato. L’origine del termine bresaola non è mai stato del tutto chiarito e sono diverse le ipotesi che si fanno al riguardo; anni addietro per definire tale salume si utilizzavano anche altri termini (brazaola, brisaola o brezavola).
Esistono diversi tipi di bresaola che si distinguono in base alle carni che vengono usate (cavallo, cervo e manzo e, come vedremo, molte altre), al materiale scelto per insaccarla e alle procedure che vengono seguite per la sua preparazione.
La bresaola di cavallo viene prodotta soprattutto nelle province di Asti e di Padova; viene usata la carne della coscia del cavallo privata di nervi e grasso.
La bresaola di cervo viene prodotta in provincia di Novara; per produrla si utilizzano i tagli più pregiati della coscia e della spalla del cervo.
La bresaola più conosciuta e più consumata è comunque la bresaola della Valtellina (provincia di Sondrio), un prodotto tipico che dal 1996 è garantita dal marchio comunitario IGP (Indicazione Geografica Protetta) ed è di questa che tratteremo in questo articolo.
Bresaola IGP: cosa c’è dietro alla sigla?
La bresaola della Valtellina dovrebbe essere di altissima qualità perché una sigla come IGP (Indicazione Geografica Protetta) dovrebbe essere una garanzia. Cosa c’è dietro a tale sigla? In realtà ben poco, nel caso di un salume. Infatti il disciplinare dell’IGP prevede tempi di stagionatura, metodo di elaborazione, tagli da usare e controlli molto precisi, ma non dà alcuna indicazione sulla provenienza della materia prima.
In altri termini, spiega come elaborare la carne (che deve essere lavorata nella provincia di Sondrio) e con l’articolo 3 chiarisce che la carne deve essere ricavata da cosce di bovino tra i 18 mesi e i 4 anni. Non manzo italiano (ecco il vero punto dolente del disciplinare), ma di qualunque provenienza. Sul mercato c’è di tutto: carne congelata di zebù brasiliano, carne francese, austriaca, irlandese o proveniente dall’Est europeo.
Come sempre, la soluzione non è chiara. Da un lato non c’è nessuna ragione di bocciare a priori la carne di zebù, un animale comunque allevato allo stato brado, ma dall’altro il consumatore ha diritto di sapere. C’è da dire che sarebbe improponibile utilizzare le sole carni locali, visto che non sarebbero in grado di soddisfare la richiesta; si dovrebbe passare a carni italiane, ma che differenza ci sarebbe fra una carne italiana e una francese o brasiliana, se non il soddisfacimento di un certo campanilismo alimentare (“ciò che è italiano è meglio”).
Probabilmente la soluzione migliore sarebbe quella di avere per legge una chiara indicazione della provenienza e dell’età del bovino utilizzato per rendere consapevole la scelta al consumatore. Al momento attuale, comunque, non è obbligatorio indicare in etichetta le origini delle carni.
E comunque c’è ben poco da fare… Dichiarano infatti i produttori valtellinesi: “Non possiamo fare altrimenti, i capi che abbiamo nella sola Valtellina basterebbero per produrre bresaola solo per una settimana”. La Coldiretti e il Ministero delle Politiche Agricole hanno invitato i produttori a indicare sempre l’origine di provenienza delle carni, ma prima di una direttiva europea sarà necessario aspettare ancora almeno un anno.
Come si produce la bresaola della Valtellina
La bresaola della Valtellina dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) essere prodotta a partire da carne di manzo salata; gli animali devono avere un’età compresa tra i 18 mesi e i 4 anni; le parti che vengono utilizzate sono la fesa, la punta d’anca, la sottofesa, il magatello e il sottosso.
La bresaola si caratterizza per il suo tipico colore rosso brillante con un bordo scuro sottilissimo; il grasso è presente in minima parte ed è visibile sotto forma di striature sottilissime di colore bianco.
La carne è soda e al tempo stesso piuttosto elastica.
La produzione della bresaola inizia con la scelta dei tagli di carne; questi vengono ripuliti dal grasso e dalle parti tendinose esterne dopodiché si procede con la salatura a secco; si cosparge la carne con sale, aromi naturali, spezie, zuccheri ecc. dopodiché la si lascia a riposo per almeno una decina di giorni. Nel corso di questo tempo, la carne viene manipolata in modo da far penetrare in profondità il sale.
Terminato il periodo di riposo, la carne viene insaccata in budelli che possono essere naturali oppure artificiali che verranno riposti in apposite celle per il processo di asciugatura.
Nel giro di pochi giorni la carne si disidraterà; una delle ultime fasi è quella della stagionatura; questa deve durare almeno un mese e deve essere effettuata in appositi locali con un adeguato ricambio d’aria e con una temperatura compresa tra i 12 ed i 18 °C.
Una volta trascorso il periodo della stagionatura (che può durare dalle quattro alle otto settimane), prima dell’immissione sul mercato, la bresaola deve essere sottoposta a vari tipi di controllo sia da parte del produttore sia da parte di un ente terzo indipendente incaricato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. In aggiunta il Consorzio per la tutela della bresaola della Valtellina (operante dal 1998) svolge la vigilanza sul mercato.
Durante il periodo di lavorazione, gli enzimi trasformano la carne in un prodotto più facilmente digeribile.
Da un punto di vista organolettico, la carne della bresaola deve risultare di un colore rosso brillante, avere un profumo delicato e leggermente aromatico. Il sapore deve risultare gradevole e mai acido. Il consumatore più attento può percepire aromi fruttati.
La bresaola in cucina
Nelle diete, la bresaola è uno dei salumi più indicati poiché non è molto calorica. Va però sconsigliata a coloro che soffrono di ipertensione arteriosa (pressione alta) che, al più, possono consumarla con molta moderazione, considerando l’alto contenuto di sale che caratterizza il prodotto.
La bresaola è di norma considerata un secondo piatto, ma la si può consumare anche come antipasto.
Gli esperti consigliano di tagliare la bresaola in fette molto sottili in modo da apprezzarne meglio la fragranza. Può essere proposta da sola oppure sotto forma di carpaccio condita con limone, un poco di olio, pepe, scaglie di parmigiano e foglie di rucola.
Un problema di molte bresaole diffuse in commercio è legato al fatto che per la loro conservazione è consentita l’aggiunta di nitrito di sodio e/o di potassio; ciò rende questo interessante e ipocalorico salume, un prodotto da evitare soprattutto se sono presenti i nitriti (leggasi per chiarimenti il nostro articolo Nitriti e nitrati). In molte macellerie della Valtellina la si può trovare però al naturale, senza conservanti aggiunti o, al più, con l’aggiunta del solo nitrato.