Alimentazione
COME SCEGLIERE LE BIBITE
Le bibite (in altro articolo trovate le informazioni generali), che si differenziano dai succhi di frutta e dagli integratori, vengono giudicate con molta attenzione dalla dieta italiana, in quanto alcuni aspetti possono dare luogo a prodotti di qualità scadente. Recentemente ci sono state diverse novità che è bene segnalare.
Il contenuto di frutta nelle bibite alla frutta – Nel 2012 era stata innalzata dal 12 al 20% la percentuale minima obbligatoria di succo naturale per le bibite a base di frutta, ma poi tutto si era bloccato perché la UE aveva dato parere negativo. Nel gennaio 2014 è stato però approvato un emendamento e la norma è stata reintrodotta per le bibite vendute sul suolo italiano.
Dolcificanti – Dal 2016 sono finalmente comparse le prime bibite con la stevia come dolcificante (almeno in parte, resta comunque un contenuto di zucchero) il che ha permesso di ridurre la densità calorica delle bibite di circa un terzo.
Conservanti – Già da qualche anno il benzoato è stato sostituito da conservanti innocui (come i sorbati).
Oggi una bibita salutisticamente accettabile dovrebbe aver fatto propri questi punti (il secondo è applicabile a tutte le bibite che vorrebbero definirsi light e che prima usavano conservanti meno sicuri della stevia).
Vengono ancora usati alcuni trucchi per confondere il consumatore, trucchi che è bene conoscere.
Trucco num. 1: gli ingredienti – Poiché gli ingredienti sono in ordine di quantità, la persona disattenta potrebbe ritenere che la bevanda A (ingredienti: acqua, zucchero, succo di arancia) sia peggiore della bevanda B (ingredienti: acqua, succo di arancia, zucchero) e invece… dovrebbe continuare a leggere! Infatti nel secondo caso dopo zucchero compare sciroppo di glucosio. Capito il trucco?
Per far comparire il succo d’arancia in seconda posizione si suddividono i carboidrati aggiunti in zucchero e sciroppo di glucosio in modo che ognuno di essi sia inferiore al 20% del succo di arancia. Tale trucco, molto comune quando il succo poteva essere del 12% è oggi meno frequente, anche per semplici vincoli matematici.
Il problema delle calorie non si aggira completamente con il consumo di bevande light (0,2 kcal per 100 ml, praticamente apporto nullo) o cosiddette ipocaloriche (sono in commercio prodotti attorno alle 5 kcal ogni 100 ml) perché in molti casi, come vedremo nei singoli prodotti, la
presenza di edulcoranti nocivi o dubbi in forti quantità e l’abbondare di coloranti e conservanti ne fanno comunque prodotti di bassa qualità; in altri termini, la dicitura light non deve ingannare il consumatore, che dovrebbe valutare attentamente gli ingredienti.
Andrebbero escluse le bevande che usano:
edulcoranti – ciclammati (E952 ed E953)
conservanti – derivati dell’acido benzoico (sodio benzoato o altri, identificati anche dalle sigle da E210 a E219)
correttori di acidità – derivati dell’acido ortofosforico (identificati dalle sigle da E338 a E341) che sottraggono inutilmente calcio all’organismo
coloranti – a parte il caramello (E150), altri coloranti tendono comunque a ingannare il consumatore (che bella aranciata rossa!); alcuni sono anche sospetti.
Oggi, grazie alla stevia non c’è motivo di usare edulcoranti.
Trucco num. 2: la confezione – Non fidatevi del nome; una stessa bibita in lattina non è la stessa di quella nella bottiglia di plastica; infatti nei contenitori di plastica vengono usati spesso conservanti (sodio benzoato) che non vengono impiegati nelle lattine. Per cui prima di scegliere la stessa bevanda in confezione di plastica, verificate i conservanti!
L’uso del trucco num. 2 è particolarmente sgradito quando per motivi commerciali al supermercato non si trova che la confezione di plastica.
Oggi l’uso dei benzoati si è ridotto, ma è comunque ancora presente.
Trucco num. 3: il gusto – Anche bevande ipocaloriche che usano dolcificanti, spesso eccedono con il gusto dolce, da una parte per attrarre il consumatore, dall’altra per far consumare comunque una quantità maggiore di bevanda. Educare il consumatore a bevande troppo dolci è una pessima abitudine nutrizionale.
Considerato che il dolcificante è una strategia di disintossicazione dal gusto del dolce, è deludente notare come molte bevande con dolcificante siano più dolci di quelle con lo zucchero! Per esemnpio, è inutile usare la stevia se poi si usa anche tanto zucchero e la bevanda diventa dolcissima.
Trucco num. 4 – L’impiego di aromi artificiali è abbastanza classico per dare sapore a una bevanda che, senza, risulterebbe poco appetibile.
Come scegliere una bibita senza incorrere in errori salutistici?
Cosa ne pensa la dieta italiana
La dieta italiana suggerisce di evitare bibite contenenti additivi nocivi. L’impiego di dolcificanti o le calorie superiori a 45 kcal/100 g andrebbero valutati in relazione alla frequenza di assunzione della bibita e al proprio regime alimentare. La presenza di coloranti e/o conservanti o altri additivi ammessi dalla dieta italiana o di aromi è solo un dettaglio che discrimina tra una bibita perfettamente ammissibile, ma non completamente genuina, da quelle veramente al massimo della categoria.
NOTA – Nel caso di liquidi sarebbe più corretto parlare di calorie per 100 ml, ma poiché si è soliti riferirsi ai grammi e praticamente il dato non cambia (visto che il peso specifico è praticamente 1), si possono considerare le due terminologie (100 ml o 100 g) come equivalenti.
Il mercato delle bibite
Rischio salutistico della categoria: medio.
Il panorama delle bibite è nutrizionalmente molto povero. Prevale quasi sempre il concetto poco salutistico di proporre una bevanda “dolce” (con zucchero o dolcificante), anziché una veramente dissetante. Inoltre i coloranti sospetti la fanno da padroni, soprattutto nelle confezioni in bottiglia.
L’attenzione delle aziende è comunque decisamente migliorata negli ultimi anni, sia per l’introduzione di una nuova normativa sia per il recepimento di alcune indicazioni derivanti dai consumatori.
Per esempio, anche alcuni colossi si sono affrettati a rimodulare prodotti “dubbi” offrendo ora soluzioni decisamente accettabili.
A dispetto del nome, nutrizionalmente non “brilla” la categoria delle acque brillanti, una cosa da ricordare quando chiedete una generica acqua brillante: l’apporto calorico è circa doppio, superiore a quello di molte aranciate “dolci”.
Esistono poi alcune proposte che puntano a nascondere il contenuto calorico dietro a presunte proprietà energizzanti, mai comunque superiori a qualche tazza di caffè.
Anche se presenta ancora alcune zone d’ombra, il settore è uno di quelli decisamente più migliorati negli ultimi anni.